Onorevoli Colleghi! - Attualmente, l'articolo 5 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, stabilisce che il procuratore regionale della Corte dei conti, prima di emettere l'atto di citazione in giudizio, invita il presunto responsabile del danno a depositare le proprie deduzioni ed eventuali documenti. Detto atto, prodromico alla fase giudiziale, viene definito «invito a dedurre» ed è uno strumento di garanzia per il destinatario, almeno nelle intenzioni del legislatore.
      Il procuratore regionale, sempre secondo l'articolo 5, è tenuto ad emettere l'atto di citazione entro centoventi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da parte del presunto responsabile del danno. Eventuali proroghe sono autorizzate dalla sezione giurisdizionale competente. Non è previsto alcun contraddittorio con il presunto responsabile del danno all'erario. Il sistema, per come concepito, determina gravi incongruenze, in quanto il procuratore regionale è libero di emettere o meno l'atto di citazione nei confronti degli invitati, senza alcun controllo da parte di un giudice terzo rispetto alle parti.
      Inoltre, il procuratore regionale, nel silenzio della norma, può anche cambiare

 

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prospettazione accusatoria tra l'invito a dedurre e l'atto di citazione, graduando l'atto di citazione sulla base delle difese svolte nella fase pre-processuale dal presunto responsabile dell'abuso che ha deciso di colloquiare con il procuratore regionale per fini di propria garanzia. In pratica, l'invito a dedurre, da strumento di garanzia a tutela del presunto responsabile dell'abuso, è diventato sovente un istituto utilizzato «contro» tali soggetti nella fase propriamente giudiziale.
      Da ciò deriva che nella pratica gli invitati rifiutano il colloquio con il procuratore regionale, per evitare che le loro difese siano strumentalizzate dallo stesso procuratore nella successiva fase del deposito dell'atto di citazione in giudizio.
      Spesso, inoltre, si assiste all'increscioso fenomeno in base al quale, lette le memorie inviate, il procuratore regionale premia coloro che hanno offerto all'inquirente utili elementi per completare l'atto di citazione in punto di fatto e di diritto, non emettendo nei confronti di questi ultimi l'atto di citazione. La mancata citazione in giudizio viene decisa, quindi, in base a valutazioni extra-giuridiche, indegne del nostro sistema di civiltà giuridica. In pratica, si premiano i «collaboranti», anche se principali artefici del danno erariale, a discapito di altri soggetti implicati solo indirettamente nella vicenda, molto spesso proprio a seguito dei comportamenti dei «collaboranti».
      Infine, si osserva che le proroghe per l'emissione dell'atto di citazione vengono largamente concesse dalle sezioni giurisdizionali competenti, senza alcun contraddittorio con le parti interessate che, molto spesso, si vedono citate in giudizio quando ormai erano convinte che il termine per l'emissione dell'atto di citazione fosse scaduto.
      Ciò premesso, è opportuna una sostanziale modifica del sistema vigente che assicuri maggiori tutela e garanzia ai presunti responsabili del danno e controlli l'operato del procuratore regionale mediante l'intervento di un giudice terzo. Da qui la necessità di presentare la proposta di legge che introduce tre nuovi commi nel citato articolo 5 del decreto-legge n. 453 del 1993.

 

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